Candidature PD? Frutto di cooptazione e fedeltà

 

La vicenda delle candidature in vista delle elezioni politiche del 4 marzo lascia piuttosto sconcertati. Specialmente a Pisa!

Possibile che nella città capoluogo della seconda provincia toscana, non ci sia stata la forza politica di assicurare la ricandidatura di Federico Gelli, parlamentare uscente, nonostante i due documenti a  supporto della direzione provinciale? Possibile che non ci sia stata la volontà politica di proporre una candidatura forte ed autorevole dell’area pisana che potesse fare da traino anche in vista delle imminenti elezioni comunali? Mi chiedo poi con quale logica e con quali intenti si sia solo potuto pensare, al netto delle capacità e delle indiscusse doti personali, di candidare a Pisa colei che, rappresentando Toscana Aereoporti, avrebbe inevitabilmente alimentato e rinfocolato tensioni e polemiche su questioni tuttora aperte, come quelle delle esternalizzazioni e della vicenda sullo stazionamento dei pullman privati che collegano Pisa con Firenze.

Il mio ragionamento è solo politico e fa salvo, ovviamente, le capacità e le potenzialità dei candidati che legittimamente rappresenteranno il PD nella prossima tornata elettorale. La mia riflessione è frutto della constatazione di come, anche nella scelta delle candidature (che sono momento qualificante nella vita democratica di un partito), ci sia stato un ulteriore arretramento dai territori, una crescente sordità verso le proposte delle comunità politiche locali, che devono essere invece il nerbo di una forza politica plurale e radicata.

Ma lo sconcerto sulle liste passa in secondo piano se paragonato alla prospettiva, che molti osservatori politici tracciano con sempre maggiore frequenza, di un Partito Democratico destinato a cambiare la propria radice genetica, trasformandosi da partito aperto, inclusivo, dialogante, plurale, a partito costruito ad immagine e somiglianza del capo, imperniato sui meccanismi di cooptazione e fedeltà. Oppure, come qualcuno dice e scrive, che il PD e la sua originaria natura diventino un intralcio ed un impiccio alle aspirazioni del leader, già pronto a costruire in Italia una sua personale prospettiva “macroniana”, magari passando attraverso un accordo parlamentare con Berlusconi.

Non so se questo avverrà. Io auspico fermamente che ciò non accada perché il PD ha un senso nella misura in cui continui ad essere luogo privilegiato e fecondo di incontro e sintesi di varie e diverse storie e sensibilità politiche.

Certo, dovendo giudicare dalla logica e dal metodo con cui le liste sono state costruite, allo scopo di chiudersi e di blindarsi, la percezione che ne traiamo è di arroccamento, nel segno della paura e della difesa. Non un viatico adeguato per una campagna elettorale mai così convulsa e complicata.

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