Fuga dai diritti. Ius Soli e dintorni. Buon anno

E’ calato il sipario sulla XVII legislatura. “Big Ben ha detto stop”, si sarebbe detto anni indietro mutuando l’espressione simbolo di un noto programma televisivo di qualche anno fa. Nata barcollante ed incerta, nessuno avrebbe scommesso, all’indomani del voto del febbraio 2013, che sarebbe arrivata a compimento, eppure, pur avendo dato la luce a ben tre governi, è arrivata in porto.

Come? Di cose ne sono accadute e molte, ma non è questa la sede per fare il bilancio di questi 5 anni; lo faremo, lo faranno con calma partiti, analisti, opinionisti ed i cittadini.

Rimane un cruccio, grosso e consistente, che un po’ l’amaro in bocca lo lascia. Quello di non essere riusciti ad approvare, insieme ad altre, una legge manifesto di questa legislatura: lo “Ius soli”. Cioè, le modifiche alle norme sulla cittadinanza dei bambini stranieri nati in Italia che risalgono al febbraio 1992, un quarto di secolo fa, in un contesto profondamente diverso dall’attuale.

Legare l’acquisizione della cittadinanza (cioè di pieni diritti ma anche di pieni doveri) al solo legame di sangue è un fatto anacronistico, in epoche nelle quali la mobilità delle persone è sempre più intensa, favorita anche dalla facilità di accesso alle informazioni.

Acconsentire l’acquisizione della cittadinanza a bambini stranieri nati tra noi, da famiglie regolarmente e stabilmente residenti in Italia, mi pare un atto di grande civiltà, equità, lungimiranza e buon senso.

Bambini e ragazzi che abitano fianco a noi, che vanno a scuola con i nostri figli, che giocano e scherzano insieme, che parlano italiano o uno dei nostri mille dialetti, che mangiano il gelato e la pizza, che tifano per le nostra squadre.

Lo “Ius soli”, che poi è anche “ius culturae”, in quanto temperato da solidi percorsi formativi e culturali, è stato approvato dalla Camera il 13 ottobre 2015, poi si è inabissato, per più di due lunghi anni,  per riemergere fuori tempo massimo.

E ciò nonostante l’Italia sia, su questo tema, tra i fanalini di coda in Europa, e viene dopo Francia, Germania, Gran Bretagna. Insomma 800.000 potenziali aventi diritto che rischiano di invecchiare come sta invecchiando l’Italia, e l’Istat ce lo ha ricordato proprio in questi giorni.

E’ con il riconoscimento dei diritti ed il richiamo ai doveri che potremo rendere più robusti i percorsi di integrazione, non tenendo le persone sulla soglia, in attesa di una qualche concessione.

E’ innanzitutto dal mio partito che mi sarei aspettato più fermezza e convinzione per approvare una legge ormai matura ed utile. Ad altri avrei lasciato il campo dei tatticismi, delle convenienze, dei tentennamenti, della pusillanimità. Sui diritti e sui principi nei quali diciamo di credere non si indietreggia, anche a costo di pagare un prezzo. Altrimenti un prezzo lo si paga comunque, in credibilità!

Del resto, fu proprio lo stesso Renzi ad alimentare legittime speranze allorchè chiosò così l’approvazione alla Camera dello Ius soli: “Si può essere o meno d’accordo su ciò che stiamo facendo, ma lo stiamo facendo: la lunga stagione della politica inconcludente è terminata. Le riforme si fanno, l’Italia cambia. Avanti tutta, più decisi che mai”.

Eccoci agli auguri! Ci servono, ci aiutano, ci fanno sentire amici; servono a confortarci per ciò che non è andato bene, servono a darci fiducia e speranza per un futuro prossimo migliore, più gratificante per ciascuno di noi. Sono efficaci nella misura in cui l’impegno che prendiamo è quello di essere disponibili, protagonisti, positivi, per dare il massimo, il meglio di noi stessi.

BUON ANNO!

Andrea Pieroni

 

 

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